La tirannia della speranza

Tutti sanno che il mondo dei ricchi è un mondo fantastico: sapone profumato, cibo divino, corpi perfetti e macchine lucide. Ma perché i ricchi hanno tutto questo? Perché c’è una valanga di altre persone che lavorano per loro: è chiaro che nessun essere umano potrebbe fare tutto questo da solo. La domanda allora diventa: perché tante persone sono disposte a lavorare per qualcun altro invece che per il proprio benessere? Per diverse ragioni che variano da sistema sociale a sistema sociale ma che – poi vedremo – sono quasi tutte riconducibili ad una.
I sistemi sociali per adesso apparsi nella storia sono all’incirca 7:
PRIMITIVISMO: sistema pre-civilizzato di cui non si conosce quasi niente, non prevede alcuna norma né alcun ruolo sociale tranne la distinzione fisiologica.
TRIBALISMO: sistema pre-civilizzato privo di una grande distanza tra ricchi e poveri prevede ruoli sociali ma non scale gerarchiche se non minime (capo tribù o sciamano).
TEOCRAZIA: sistema sociale basato sulla fede nel contatto privilegiato di alcuni umani con una o più divinità, può assumere forme semplici ma anche motlo complesse fino a creare un grande divario tra ricchi e poveri.
FEUDALESIMO: sistema basato sulla forza bruta ma ricco di norme e ruoli anche molto complessi. E anche qui: dove la scala sociale è lunga, la distanza tra ticchi e poveri non può che esserlo altrettanto.
COMUNISMO: sistema teoricamene privo di gerarchia ma fattivamente dotato di forti apparati burocratici e servizi militari interni preposti a stabilire l’ordine, rarissimamente ha veramente accorciato la distanza tra ricchi e poveri prediligendo la creazione di una nuova classe ricca piuttosto che una eliminazione delle distanze. Come vedremo, però, nel comunismo non si può avere la grande distanza che si ha in teocrazia, feudalesimo o – soprattutto! – consumismo.
CAPITALISMO: sistema schiettamente gerarchico basato sulla surrogazine del potere militare in beni e servizi. La somma di tutti i beni e servizi disponibili si chiama “capitale”. Chi possiede gli strumenti per fornire più beni e/o servizi, vince e acquisisce il diritto di ultizzare il potere militare strutturato in modo indipendente per servire chi detiene la maggior parte del capitale. Il divario tra ricchi e poveri è netto, chiaro, grande.
CONSUMISMO: sistema fluido nato dall’incontro tra comunismo e capitalismo ma che segna il grande rientro in voga dei principi strutturanti della teocrazia. Nel consumismo tutti seguono e inseguono il denaro. Il valore del denaro, però, non è più legato a beni e servizi come nel capitalismo né ai bisogni come nel comunismo ma deciso a tavolino da un gruppo di persone a cui è stato dato arbitrariamente il potere di farlo. In questo sistema la distanza tra ricchi e poveri è virtualmente infinita, come in teocrazia: basta che il ricco decida e la miseria del povero può aumentare fino a qualsivoglia livello.
N.B.: la democrazia o la monarchia non sono sistemi sociali ma politici quindi non ne tratteremo qui.

Nel comunismo il povero lavora per il ricco perché il ricco è un burocrate che gestisce la cosa pubblica e… non si può mica avere una società senza organizzazione, no? Cito per primo il comunismo perché ha una struttura molto particolare: il povero infatti non lavora per il ricco in vista di qualcosa di futuro e teorico ma per un’esigenza presente e cogente. Il ricco, quindi, nel comunismo è solitamente meno ricco di un ricco appartenente a qualsiasi altro sistema sociale e deve nascondere bene la propria ricchezza, soprattutto se questa supera una certa soglia ritenuta legittima. Questa ragione è paradossalmente vicina a quella del feudalesimo. Nel feudalesimo il povero lavorava per il ricco perché altrimenti il ricco gli avrebbe staccato la stesa dal corpo. Anche qui: niente teoria, ma brutale pratica. La differenza è che nel comunismo il ricco deve temere la massa e nascondere le proprie ricchezze da essa mentre nel feudalesimo, proprio a causa della posizione strutturale dell’uso della forza, il ricco non solo può ostentare la propria ricchezza, ma – anzi! – più mostra di essere ricco e potente e meno fatica farà a conservare la propria posizione perché saranno meno coloro che avranno voglia di mettere alla prova la sua reale forza bellica.
Nella teocrazia il povero lavora per il ricco perché ritiene che il ricco abbia contatti diretti con un’entità astratta in grado di fornirgli beni inestimabili dopo il decesso. Nel capitalismo e nel consumismo invece il povero lavora per il ricco perché pensa di potersi un bel giorno affiancare o addirittura sostituire il ricco acquisendo le sostanze necessarie. E questo è anche possibile che avvenga. Sia nel capitalismo che nel consumismo.
Quello che accomuna gli ultimi tre grandi sistemi sociali è la speranza. Che in realtà non è estranea del tutto neppure al feudalesimo. Ovvero: se i poveri smettessero di sognare di fare la vita dei ricchi e preferissero “un uovo oggi piuttosto che una gallina domani” il sistema si incepperebbe in un istante. L’intera industria dello spettacolo si basa sul “guardare i ricchi fare cose da ricchi”, in questi sistemi. E molto delle altre industrie si basa sull’imitare le “cose da ricchi”: andare al ristorante, a fare i viaggi, lo shopping, quasi tutti i consumi di seconda e terza necessità insomma (i non indispensabili e gli inutili). In più anche gran parte della produzione e del consumo artistico vengono – in questi sistemi – non tanto dalla voglia di esprimersi e/o migliorare il mondo ma piuttosto dalla fama e dal denaro che ne possono conseguire. Chi canta, suona, scrive, dipinge, scolpisce, crea animazioni, video o videogiochi è quasi sempre animato dalla voglia di entrare nella schiera dei pochi eletti, quelli che vivono sulle spalle degli altri. Insomma: è sognando di essere i nostri sfruttatori che ci meritiamo i nostri sfruttatori e continuiamo ad averli.
Quindi possiamo dire che in almeno 3 grandi sistemi sociali la speranza è il fondamento della miseria. E questi 3 sistemi oggi hanno il monopolio quasi completo del pianeta visto che tra di loro c’è il consumismo, imperatore incontrastato della globalizzazione. Si può dire che oggi il genere umano preferisca avere un sogno di benessere assoluto, di paradiso, di perfezione, piuttosto che un mondo accettabile, vivibile, sereno, magari anche giusto.
Meno di cento anni fa, durante le guerre mondiali, il popolo non capiva altro che la guerra, la materia, la brutale realtà delle cose e quindi il compito dei sapienti era far capire loro che si poteva sognare qualcosa di diverso magari con i quadri dada o surrealisti. Siamo oggi in un epoca esattamente opposta: un’epoca in cui il popolo sogna troppo e si sta lasciando uccidere dai propri sogni. Il compito dei filosofi, dei sapienti, dei pensatori o almeno dei pensanti è quello di fargli mettere i piedi per terra. Far capire che non esiste salvezza individale senza salvezza collettiva e che, quindi, non ci si può ritagliare un pezzettino di mondo felice mentre tutto va a pezzi. Se tutto va a pezzi vanno a pezzi anche tutti. Anche quelli che si sentono al sicuro perché hanno la macchina lucida e gli occhiali da sole firmati.
Il consumismo non conviene a nessuno, questo genere di sogni malati non conviene a nessuno. Nemmeno a quelli che credono che gli convenga. Sono sogni che hanno un prezzo troppo alto per chiunque, per ogni singolo umano, perché hanno un prezzo troppo alto per il mondo intero.

Guido G. Gattai

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