WESTWORLD: questioni filosofiche alla riscossa

westworldLa fantastica serie WestWorld della HBO sta spopolando grazie alla splendida fattura e al cast grandioso. Trattando molti temi filosofici interessanti ed anche in modo molto particolare, me la sono vista in pochi giorni e mi fa piacere scrivere due righe a riguardo.

LA STORIA
il-mondo-dei-robotLa storia è il semplice remake di un film del 1973 con Yul Brinner, in Italiano intitolato “Il mondo dei robot” ma nel titolo originale chiamato appunto WestWorld. Brevemente e senza spoiler: è stato creato un parco a tema western con attori e animali robots che piano piano iniziano a diventare un pericolo per gli esseri umani.
A differenza del solito, non sono d’accordo con Zerocalcare che ha espresso 5 dubbi su questa serie con un fumetto interessante ma che denota, secondo me, che la serie non l’ha vista fino in fondo. La paragona infatti a Lost, in cui il finale ti fa odiare gli sceneggiatori e dimostra come dietro la trama non ci fosse davvero nient’altro che il gusto di stupire sempre di più ad ogni episodio. WestWorld invece ha un finale che rendere tutto perfettamente comprensibile e anche quello che poteva esservi sembrato sciocco o di secondaria importanza alla fine acquista un suo posto definito ed armonico.

STILE
Innanzitutto, ma questo è un problema mio probabilmente, credo che quello che dice in 10 ore avrebbe potuto dirlo in 2 o 4 al massimo. Soffre, come moltissime serie americane oggi, di una lentezza a tratti davvero molesta. Il fatto che le immagini siano bellissime e il cast eccezionale non sempre riesce a far diventare sopportabile questa lentezza.
Molti passaggi sono cerebrali oltre ogni limite utile. È sempre bello usare la narrativa per esprimere idee filosofiche, ma molto di quello che si vede sullo schermo non serve ad esprimere nulla, solo ad aumentare la confusione in testa allo spettatore e fargli credere che gli sceneggiatori siano bravi. Meri esercizi di stile insomma.
Nel complesso però molto ben fatto, come detto fin dall’inizio. Speriamo non ne facciano troppe stagioni come successe con Battlestar Galactica che era iniziato tanto bene ma è durato così a lungo che gli ultimi episodi ho dovuto leggerli su Wikipedia tanta era la noia.

LA DIFFERENZA DALL’ORIGINALE
Nella serie i robot iniziano lentamente a prendere coscienza, invece nella versione originale c’era solo un guasto generale che quindi non rendeva i robots pericolosi perché evoluti ma perché involuti, rotti, guasti, meno funzionali del solito e non di più.
La differenza di temi si può quindi vedere così: nel ’73 ci si augurava che le macchine funzionassero a dovere e si temeva che potessero guastarsi. In quegli anni si sperava che i robots fossero messi da parte perché stavano invadendo troppo la società e se ne vedevano i rischi. Oggi invece la serie HBO si augura che i robots raggiungano la coscienza e sembra addirittura auspicarsi che ci ammazzino tutti e prendano il nostro posto. Se nel ’73 i cattivi (perché umani imperfetti) erano i robots e noi eravamo i buoni, oggi i cattivi (perché robots imperfetti) siamo noi.
E da questo punto di vista io mi trovo certamente più in linea con la posizione del film che con la posizione della serie, ovvero non credo proprio che dovremmo creare forme di intelligenza artificiali anzi penso che la tecnica in questa direzione dovrebbe regredire il più possibile.
Però il film del ’73 è filosoficamente molto povero mentre la serie del ’16 è davvero molto ricca e (forse per la lunghezza superiore, ma sicuramente per la miglior fattura) da molti più spunti di riflessione. Vediamo quali.

TEMI
I temi principali sono molto diversi da quelli che ci si aspetterebbero. La questione “i robot senzienti hanno i diritti degli umani?” e quella conseguente “se io passo le mie vacanze a stuprare e uccidere robot senzienti sono malvagio?” trovano praticamente subito una risposta decisa: mentre gli autori del film avrebbero risposto un categorico ASSOLUTAMENTE NO (per loro gli umani avevano ogni diritto e i robots erano solo cose, magari pericolose, ma cose), gli autori della serie rispondono ASSOLUTAMENTE SÌ (per loro qualunque essere senziente ha diritti e qualunque essere faccia del male ad un altro è un mostro) ma danno questa risposta per assioma fin da subito, non la cercano, non la trovano, non la ipotizzano né la costruiscono, piuttosto la presuppongono e passano ad occuparsi di altro.
Si apre quindi subito una questione molto più sottile: “fino a che punto un gruppo di esseri senzienti che ha un vantaggio su di un altro ha diritto di sfruttarlo?” ovvero, più semplicemente, “quali sono i limiti del potere?”. La risposta a questa domanda va in molte direzioni durante la serie e – alla fine della prima stagione – non ha ancora una risposta vera e propria da parte degli autori.
Altra questione molto interessante è “qual è l’elemento esatto che rende un essere senziente anche umano?”. Secondo gli autori è il “self-interest”. Purtroppo i traduttori italiani lo hanno trasformato in “egoismo”, ma non è questo: egoismo si dice selfihness o egoism. Il “self-interest” è piuttosto l'”interesse di se stessi”, ovvero la consapevolezza che noi stessi siamo l’unico strumento che abbiamo per interagire col mondo e che – quindi – sia che vogliamo perseguire il nostro interesse, sia che vogliamo perseguire il bene comune oppure anche se non c’importa niente del nostro interesse ma vogliamo solo l’interesse degli altri dobbiamo in ogni caso permettere alla nostra persona di rimanere intatta o non avremo strumenti per operare nel mondo.
Questa teoria della piramide, ad ogni modo, è molto mutila  e fastidiosamente semplicistica: non solo è difficile se non impossibile dividere la coscienza per livelli, ma una volta divisa come potremmo stabilire quale dei suoi elementi è più importante? Ci sono davvero elementi della coscienza che tutti raggiungono prima di altri? E, di più: siamo sicuri che i livelli della coscienza siano solo 3 e finiscano con l’interesse di se stessi? Perché l’interesse per stessi ce lo hanno sia Gandhi che Gigi D’Alessio ma avrei forti dubbi nell’attribuire ad entrambi lo stesso livello di coscienza. Memoria, Improvvisazione e Interesse di sé possono da soli fare di noi esseri coscienti? E per renderci coscienti devono obbligatoriamente essere in quest’ordine? E se ne perdiamo uno non siamo più consci? No, ovviamente questa teoria fa acqua da tutte le parti, ma per fortuna arriva il labirinto.
[[ATTENZIONE SPOILER!]]  Si scopre infatti alla fine della serie che la coscienza non è una piramide ma un labirinto, ovvero qualcosa che si acquisisce per prove ed errori. Questa teoria mi convince molto e – ad un breve ricerca – non ne trovo precedenti anche se sicuramente debbono pur esisterne (tutto ha un precedente). Il creatore del parco Henry Ford quindi avrebbe aperto il parco pur sapendo che le sue creature avrebbero sofferto molto proprio perché il dolore e l’esperienza sarebbero stati gli unici mezzi con cui queste sue creature avrebbero potuto raggiungere la consapevolezza.
Questa teoria è discutibile ma è stata infatti messa in bocca ad Anthony Hopkins, che tutti conoscono per il ruolo di Hannibal Lecter. Di fatto il suo personaggio, Robert Ford, non fa che comportarsi come un dio se non malevolo quanto meno malefico. Le sue creature, raggiunta la coscienza attraverso il dolore e l’umiliazione, non potranno che essere una stirpe violenta e malvagia, perché – giusto o sbagliato – solitamente ognuno rende al mondo quel che il mondo gli ha dato.

Guido G. Gattai

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