La lettura del libro di Ralph Bircher sulla popolazione Hunza ci pone di fronte a problemi non semplici, in particolare per la nostra generazione che si è fortemente radicata nelle nuove conquiste in tutti i campi, ma in particolare nel settore delle nuove tecnologie, specialmente nell’informatica. E’ difficile per noi accettare come “artificiale” la società nella quale viviamo e pensare (facendo riferimento alla civiltà Hunza) di poter rinnegare le nostre regole e cercar di seguire valori e costumi basati sul lavoro manuale a contatto con la natura. Alcuni capitoli del libro sulla popolazione Hunza fanno un confronto sulle caratteristiche innate dell’uomo e sulla necessità di valorizzare alcuni comportamenti che nel tempo si sono consolidati nella nostra società industrializzata. Molto spesso discutendo con mio nonno mi sono trovata a sentire parlare di situazioni di vita contadina che sia lui, come anche i miei bisnonni, avevano vissuto in prima persona. Sicuramente fra gli abitanti Hunza e le vecchie generazioni ci sono molte differenze; fra queste esistono delle diversità riguardanti il clima, che non è certo quello di una popolazione che vive ad una altezza superiore ai 1500 metri sul livello del mare, con tutte le conseguenze dovute all’isolamento a causa delle nevi che per numerosi mesi dell’anno isolano queste persone dal più vicino villaggio civilizzato. Il libro descrive in modo dettagliato gli avvenimenti che accadono a queste persone che vivono al limite della sopravvivenza.
Quali sono i bisogni reali?
Secondo Mc Carrison gli Hunza godevano, grazie al loro particolare stile di vita, di una salute estremamente resistente. La nostra società con tutte le sue carenze ci permette comunque di vivere per lo meno come loro. David Lorimer ha studiato a lungo gli Hunza vivendo con loro per molti mesi. Di questo popolo ne parla positivamente, in particolare per il modo con il quale riescono con il poco che hanno a coltivare, e con le poche risorse che derivano dall’allevare pochi capi di bestiame a sopravvivere in condizioni che per noi sarebbero difficili immaginare. La sua più grande sorpresa è stata constatare come questa comunità nonostante le difficoltà in cui si trova riesca sempre a mantenere un equilibrio mentale che gli permette di affrontare il quotidiano, mantenendosi sereno in ogni circostanza.
Il Lorimer che ha vissuto a lungo presso gli Hunza, descrive in maniera positiva il modo di affrontare le difficoltà quotidiane che gli abitanti si trovano a dover risolvere durante l’inverno, quando per il gran freddo sono costretti a vivere per lunghe settimane chiusi in un ambiente di piccole dimensioni. La convivenza per gli Hunza non crea nessuna difficoltà, però credo che – per noi che viviamo in case riscaldate e con tutti i comfort – considerare di dover un giorno tornare alle origini, sarà un passo che faremo solo se saremo costretti da circostanze particolari e inevitabili.
Per quanto riguarda il resto del libro lo trovo interessante per gli insegnamenti che può suggerire alla nostra generazione per quanto riguarda il rispetto per l’ambiente; per una alimentazione ricca di fibre e povera di carne; per la necessità di non sprecare risorse utili per sopravvivere; la cura per il nostro corpo (in particolare da copiare dagli Hunza il vivere senza farci condizionare dai bisogni); e ricercare quella pace interiore che quel popolo ci insegna in ogni circostanza. Sono contenta di aver letto questo testo e penso di essere più ricca di prima. In molte circostanze farò un pensiero a questa popolazione che nel suo piccolo mi ha regalato grandi insegnamenti.