VIOLENZA SUGLI UOMINI, intervista a GLENDA MANCINI

10689684_684576971632528_6312124790132603573_nAbbiamo intervistato Glenda Mancini per voi, una criminologa che studia la violenza domestica… sugli uomini ed autrice del libro “Uomini vittime di donne” che tanto scalpore ha destato nel dibattito sulle dinamiche di genere. Incuriositi da questo approccio così diverso dall’ordinario l’abbiamo contattata e lei gentilissimamente ci ha risposto.

MH – Tutti parlano di violenza sulle donne e tu parli di… violenza sugli uomini? Ma è possibile che una donna eserciti violenza sugli uomini? E – se sì – in che modo?

GM – Ognuno di noi ha l’attitudine a reagire violentemente se si produce l’opportuno insieme di circostanze. Nella maggior parte dei casi è una complessa combinazione e interazione di questi fattori a predisporre uomini e donne ad usare la violenza per risolvere i conflitti nelle relazioni intime.
Non si può ridurre il problema della violenza ad una questione di genere, questo lo dimostrano i fatti e, come gli uomini, anche le donne sono capaci di commettere violenze e nelle stesse modalità. Per quanto concerne la violenza domestica, ovvero l’argomento che ho approfondito, troviamo esercitata non solo violenza psicologica con offese, svalutazione e conseguente disistima procurata, ricatti materiali e morali, ma anche violenza fisica con schiaffi e colpi, spinte, lanci di oggetti, calci, morsi, pugni, tentativi di colpire con oggetti contundenti, botte e minacce con pistole e coltelli.
La più frequente forma di violenza esercitata dalle donne sugli uomini in ambito familiare è comunque la violenza psicologica.

MH – Ma perché le donne tendono ad esercitare più violenza psicologia e gli uomini più violenza fisica? Semplici differenze di corporatura o c’è dell’altro?

GM – La femmina, di solito, è abituata a utilizzare un’aggressività più mascherata e contenuta rispetto al maschio: mentre l’uomo ricorre più facilmente all’aggressione fisica, la donna opta per quella verbale o indiretta.
Questa scelta sarebbe riconducibile alla consapevolezza della donna di possedere una minore forza fisica in confronto ai maschi e quindi invece di cercare lo scontro fisico, nel quale sarebbe eccessivo il rischio di procurarsi danni consistenti, cerca modalità mimetizzate che le consentano di preservare la propria integrità.

MH – Il sesso forte quindi non sarebbe così forte… mi immagino che gli uomini non siano felici di scoprirlo.

GM – La parola “forte” nel titolo è ovviamente da me usata in chiave provocatoria. Non ha senso liquidare l’argomento della violenza domestica come mera violenza fisica o dilemma della superiorità “del più forte contro il più più debole”, poiché significherebbe minimizzare la questione mascherandola in un luogo comune.

MH – D’accordo, ma rimane il fatto che gli uomini si sono considerati veramente il “sesso forte” per secoli. Forse questa potrebbe essere una delle ragioni per cui il problema è sempre stato affrontato da una prospettiva sola?

GM – Certo, è proprio perché l’uomo  è sempre stato considerato “il sesso forte” che si è sempre escluso a prescindere che la donna fosse incapace di violenza. Lombroso parla della donna violenta come donna mascolina cioè possedevano, sempre secondo il Lombroso, più intelligenza, più attivismo e più vivacità di quanto mediamente ne possedevano le cosiddette donne “normali” di solito meno evolute, meno attive e meno intelligenti del maschio. Per lo stesso motivo la maggior parte delle ricerche sull’aggressività si sono sempre basate sul presupposto che gli uomini sono aggressivi e le donne, non essendo come gli uomini, sono l’opposto cioè sottomesse e non aggressive. Ma in questo modo commettiamo un errore non solo perché si pone il problema in maniera scorretta ma anche perché  così facendo si perdono informazioni critiche circa l’aggressività delle donne.

MH – Ci sono state reazioni nell’ambiente femminista? Non sei stata accusata, così facendo, di togliere attenzione al problema della violenza sulle donne?

Sì, ma questi sono attacchi sterili che vengono fatti a prescindere, le stesse persone rimarrebbero forse stupite nello scoprire che il mio libro si apra con una lunga descrizione di quelle che sono state le discriminazioni subite dalle donne, quindi in nessun modo nego la violenza sulle donne o la sminuisco. Piuttosto ridimensiono l’allarme sociale: lo studio alla base di questo libro evita qualsiasi discriminazione tra i sessi, volendo invece evidenziare una forma di violenza, quella delle donne sugli uomini, non del tutto nota e raramente discussa.

MH – Femminicidio. Che ne pensi di questa parola? Come la inquadreresti?

GM – “Femminicidio” è una parola che è stata utilizzata per dar nome ad una tendenza che hanno rilevato. È servita per inquadrare il problema, sviscerarlo, comprenderlo e porsi dei fini. Per me è una parola, e tale dovrebbe rimanere.

MH -Quindi esiste anche un “maschicidio” uguale e contrario?

GM – Se la domanda è “esistono donne che uccidono gli uomini” la risposta è “sì”, poi voi siete liberi di dare agli eventi il nome che ritenete più opportuno, io sono solita chiamarlo omicidio.

MH – Come studiosa, che sviluppi immagini nel confronto tra i sessi nel futuro prossimo e in quello anteriore?

Lascio le predizione ai sociologi, io posso dire quello che posso sperare.
Quello che posso auspicare è un’effettiva parità tra uomini e donne, in cui  la donna non venga considerata vittima perché donna e che quindi non si agisca sempre pensandola come una specie in via d’estinzione.
Spero in una maggiore oggettività nelle ricerca in materia di violenza domestica e quindi nella possibilità di cambiare l’approccio al problema facendo in modo  che non ci siano vittime di serie B di cui non prendersi cura.
Bisogna sperare venga approfondito il concetto di “esercizio della violenza” sondarne le caratteristiche specifiche, quelle che ancora aspettano di essere compiutamente indagate e non focalizzarsi solo sul tentativo fallace e malizioso di convincere che la violenza possa avere un genere e un’unica modalità.
È la mentalità che deve essere cambiata, e questo è possibile solo attraverso l’educazione, la cultura e la prevenzione.

Guido G. Gattai

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