LA FINE È IL MIO INIZIO

Dopo aver letto il libro di Tiziano Terzani “La fine è il mio inizio”, se dovessi dire quello che penso sinceramente potrei affermare che tutto sommato quello che Terzani mi ha trasmesso è tutto nel titolo. Per non sembrare banale vediamo se mi posso esprimere meglio.
Dunque: Tiziano Terzani nasce a Firenze da una famiglia di modesti lavoratori e sin dalle elementari denota un’intelligenza fuori dal comune, tanto che con grandi sacrifici dei suoi genitori continua con molto profitto negli studi. Gli episodi che descrive della sua infanzia mi hanno stupita e divertita e francamente sarebbe lungo farne un riassunto sia pure breve. Veniamo ai fatti più importanti per provare ad inquadrare meglio questo scrittore-giornalista. Frequenta con ottimi risultati l’università e subito comincia a scrivere come “pubblicista” sul giornale “Il Mattino” dei piccoli servizi su calcio e ciclismo. Successivamente vince una borsa di studio per la facoltà di giurisprudenza presso la Normale di Pisa. Bravo negli studi ma anche di personalità molto spiccata: spavaldo, occhi verdi e ricercato da ragazze e ragazzi che sono attratti dal suo forte carattere.
Terzani legge Gandhi, Mao, Fidel Castro, Che Guevara e si descrive come una sorta di anarchico, poco incline a seguire le strade più semplici per arrivare a quei traguardi ai quali molti suoi amici aspirano. Denota già uno spirito libero quando frequenta circoli intellettuali nei quali conosce persone come Padre Balducci, Don Bensi e Giorgio La Pira. In seguito gli viene offerta la possibilità di un sicuro posto presso la Banca Toscana che rifiuta. Dopo essersi laureato con il massimo dei voti frequenta l’università di Leeds nello Yorkshire. Senza soldi e con i genitori in ristrettezze economiche, a causa di una grave malattia del padre che lo rende invalido, Terzani accetta la proposta dell’Olivetti di Iurea e partendo dalla “gavetta” si fa talmente apprezzare al punto di ricevere l’incarico di reclutare nuovi laureati da inviare nelle filiali sia europee che internazionali. Questo nuovo impegno gli offre l’occasione giusta per sposare Angela Staude nel 1962 a Vinci, per lavoro viene inviato in Danimarca, Portogallo, Olanda e Gran Bretagna. Tuttavia nel 1965 Terzani è in Giappone e arriva fino ad Hong Kong e se ne innamora perdutamente, però il suo vero sogno è la Cina.
Nel 1967 è in Australia e Tahilandia e qui incontra Samuel Putt, un professore di Cambridge che aveva conosciuto alla Hopkins di Bologna. È a questo punto che la vita di Tiziano Terzani prende una svolta che risulterà decisiva per il suo futuro. Infatti manifestando il desiderio di conoscere la Cina, approfitta su consiglio del professor Putt, di prendere l’aspettativa dall’ Olivetti e si aggiudica una borsa di studio della Columbia University di New York che gli da’ anche la possibilità di imparare il cinese all’università di Standford.
A questo punto inizia a collaborare con la rivista “l’Astrolabio”, scrivendo articoli sul Vietnam, sul movimento nero, sui sogni di conquista della Luna e descrivendo momenti della vita americana di quel periodo. Nel 1969 nasce il primogenito Folco, rientra in Italia e lascia l’Olivetti per fare il pubblicista del “Il Giorno”. Dopo due anni nasce la figlia Saskia e nello stesso anno si sottopone all’esame per diventare giornalista professionista. E’ un momento molto particolare per Terzani poiché avendo idee considerate anarchiche in un mondo dove il giornalismo professionista crea ostacoli alle nuove tendenze; egli supera brillantemente l’esame grazie alla sua capacità di sintesi che gli viene riconosciuta dalla commissione giudicante.
Successivamente chiede di andare all’estero, in particolare in Asia, ma “Il Giorno” non ha bisogno di corrispondenti dall’Oriente per cui si dimette dal giornale e inizia a cercare un’altra occasione. In questo periodo della sua vita sa già parlare numerose lingue, fra cui il francese, il tedesco, l’inglese, il portoghese e il cinese. Dopo diversi rifiuti da parte dei più importanti giornali internazionali giunge a Terzani l’opportunità di fare il corrispondente per il giornale “Der Spiegel”, con ufficio a Singapore e una copertura per tutto l’estremo Oriente. Qui inizia la sua luminosa carriera che lo porterà a farsi conoscere da tutta la stampa mondiale, grazie ai suoi servizi sul Vietnam del nord in guerra. Inoltre lavora anche per “L’Espresso” e “Il Giorno” viaggiando per la Cambogia e la Tailandia con la famiglia che risiede ad Hong Kong.
Terzani viene definito come una persona molto risoluta anche se con lati a volte assai controversi dopo aver documentato tutte le vicissitudini di popoli in guerre sanguinose in tutto il sud-est asiatico. Finalmente sembra essere arrivato alla conclusione del suo sogno: vivere l’esperienza della rivoluzione culturale cinese.
Quando la redazione di “Der Spiegel” lo invia per lavorare a Pechino, egli iscrive i propri figli alla scuola cinese. È a questo punto che credo di aver avvertito nei suoi dialoghi che intrattiene nel libro con il figlio Folco che Terzani torna da quell’esperienza cinese molto rattristato al punto di cadere in depressione. Nonostante tutto ciò ho trovato particolarmente affascinanti le descrizioni di vita quotidiana che, nel dialogo con il figlio, fanno assumere a un libro tutto sommato didascalico una forma molto umana del personaggio di Terzani.
Il giornalista Terzani forse già malato e dopo le tante esperienze vissute a contatto delle culture asiatiche tenta anche l’esperienza dell’India. Qui vive momenti nei quali cerca, attraverso rinunce e privazioni, di arrivare a conoscersi più profondamente di quanto non sia mai avvenuto negli anni precedenti; anni nei quali ha sperimentato l’esaltazione di popoli che credevano di cambiare i destini del mondo attraverso guerre, genocidi, stermini e che poi sono stati costretti ad ammettere le loro sconfitte. Questi momenti di vita molto controversi lo hanno portato alla fine a rifugiarsi nella sua Orsigna (paesino sperduto sulla montagna pistoiese) dove in un lunghissimo colloquio col figlio Folco ripercorre tutte le esperienze della sua vita. È alla fine del racconto che, malato e prossimo alla morte, decide di lasciare di se’ questa eredità spirituale, che intravede come la chiusura di un cerchio e come nella vita tutto abbia un principio e anche una fine. Devo ammettere che sotto questo aspetto ho seguito con molta attenzione le sue considerazioni sull’esperienza di vivere una vita piena di ricerca della conoscenza, specialmente di tutto quello che ci circonda, piuttosto che documentarsi sulla cronaca di avvenimenti cruenti.
Questo libro ci vuole incitare ad essere continuamente alla ricerca della verità e di sapere quali siano i veri motivi per cui l’essere umano esiste veramente. Nel corso del tempo, come spiega e sottolinea più volte Terzani, l’uomo è andato aumentare sempre di più i suoi beni materiali, trascurando però la sua crescita spirituale. Infatti come noi siamo destinati alla morte certa un giorno, anche i nostri beni materiali prima o poi andranno perduti.
Terzani negli ultimi momenti che trascorre con il figlio Folco descrive la civiltà urbana come un insieme di manichini che non possiedono più una propria umanità e inoltre ci definisce come persone vestite tutte uguali e che dicono sempre le medesime cose.
Secondo me Terzani aveva ragione riguardante il genere umano, poiché la società in cui viviamo ci sta omologando come esseri prefabbricati, senza che noi ce ne rendiamo veramente conto. Egli tenta di lanciare un messaggio ben chiaro e definito all’umanità: invita tutti a vedere il mondo con i propri occhi e a coglierne la propria essenza e diversità, perché solamente quando l’uomo è a contatto con la natura si può definire un vero uomo.

Arianna Procida

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