La corsa della green economy

Uscito nel 2010, questo snello libretto di Cianciullo e Silvestrini cercava di fare il punto su un argomento estremamente complesso e interessante: come stava procedendo il decollo e lo sviluppo dell’intero settore delle energie rinnovabili a livello globale. Naturalmente in un campo di pubblicazioni affollatissimo un testo come questo rischia di risultare immediatamente datato, se non nelle sue pagine storiche. Il momento in cui questo libro è uscito è però particolare: poco dopo l’insediamento di Obama alla Casa Bianca, un periodo che, dopo la seconda vittoria presidenziale, è ormai alle nostre spalle. Da qui la possibilità di rileggere un testo come questo, che fin dalla prefazione di Christopher Flavin, presidente del Worldwatch Institute, mostra il passare del tempo e di come certe aspettative siano andate completamente deluse; in particolar modo questo sembra vero per quel che riguarda la partnership tra Usa ed UE su vari fronti, dalla lotta al cambiamento climatico alle strategie per uscire dalla crisi.
Una corposa introduzione apre il volume, e già da questa si capiscono varie cose interessanti sull’orientamento complessivo del libro, che si pone fin dall’inizio le giuste domande: quali sono i confini della riconversione verde? A quale modello di società corrispondono? Che evoluzione avrà il corso economico? Quali cambiamenti degli stili di vita dobbiamo aspettarci? Ovviamente per rispondere in modo serio a domande così complesse è necessario un pensiero strutturato, ma su questo il volume risente di qualche approssimazione eccessiva (davvero sono credibili i dati forniti dalla IEA? E le parole di Fatih Birol sulla data del picco petrolifero?), nonchè di piccoli errori dovuti forse a trascuratezze. In compenso vari aspetti positivi sono evidenziati: la necessità di costituire meccanismi partecipativi dal basso che permettano di controllare le scelte energetiche, la consapevolezza che le conseguenze di un nuovo shock petrolifero saranno gravi e la impossibilità di ricorrere al nucleare.
Sopratutto sembra esserci la consapevolezza di un fatto che forse non è pienamente intuitivo a molte persone: la possibilità che la riconversione energetica e produttiva arrivi al suo completamento dopo che si sono evidenziate le conseguenze politiche del riscaldamento planetario e che queste conseguenze politiche sfocino in sistemi autoritari. Questo rischio, serissimo, non sembra minimamente essere presente nella mente di parte della classe dirigente occidentale che stà affrontando in ordine sparso e con gravi ritardi sia la riconversione energetica che, sopratutto, il global warming.
Vengono analizzati nel volume ventitré casi; apre una breve analisi del caso danese e tedesco e di come questi due paesi siano riusciti a mietere notevolissimi successi in campo ambientale. In questo capitolo però non viene adeguatamente menzionato uno dei motori che hanno permesso alla Danimarca di essere così virtuosa: il petrolio del Mar del Nord è stato per almeno due decenni una fonte di ricchezza insostituibile per la Danimarca. Solare ed eolico sono invece i protagonisti del secondo capitolo: è da notare qui una manchevolezza notevole: nella discussione sull’eolico non compare nessuna tecnologia troposferica, sebbene nel 2010 questo tipo di tecnologia fosse ormai nota a livello mondiale da anni. Più oltre si affrontano gli aspetti più vari, dalla lotta alla povertà all’auto elettrica (nel capitoletto Viaggiare ed abitare con leggerezza). Anche su quest’ultimo argomento manca però nel testo un discorso del tutto informato; sopratutto sono presenti delle vere e proprie timidezze – sperabilmente involontarie – su quelle che avrebbero dovuto essere le migliori strategie per una diffusione capillare dell’auto elettrica. Le iniziative di Enel e Renault non hanno nè la serietà nè le tempistiche adatte (davvero secondo le previsioni dell’Enel le strade saranno invase dalle auto elettriche nel 2015?).
La verità pura e semplice è che lo sviluppo dell’intero mercato mondiale era nel 2010 – ed è ancora – nelle mani di un gruppo di imprese cinesi mentre i vari governi si baloccano con previsioni che valgono meno della carta su cui sono scritte. In particolar modo è ridicola la politica che in Europa è stata seguita per “imporre” alle case automobilistiche una diminuzione delle emissioni, mentre la tecnologia per una riduzione decisa delle emissioni è banalmente pronta da decenni (trasporto collettivo, possibilmente su rotaia). L’auto elettrica era nel 2010 altrettanto pronta, basti vedere i vari microprogetti ad alta tecnologia e prestazioni (con costi di produzione assolutamente contenuti!) presenti anche in Italia, dal retrofit alla vera e propria produzione di nuove auto. Semplicemente molte case automobilistiche non hanno fatto ricerca e sviluppo nel settore dell’efficenza per tropppi anni preferendo cercare di conquistare maggiori fette di mercato per altre vie. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: elevato ritardo di sviluppo nel prodotto, inquinamento dell’aria catastrofico e difficoltà ad operare una riconversione di massa in tempi brevi. Complessivamente il volume è interessante e godibile, vario ed attento ad una serie di fattori a volte non del tutto banali, ma presenta anche alcune pecche di fondo; oltre a quelle già segnalate, si sente la mancanza di una bibliografia, mentre alcune affermazioni, per quanto condivisibili (ma non sempre), non sono supportate neanche dal rinvio ad una qualche fonte. Manca infine, ed è forse la cosa peggiore, un pensiero analogo a quello sviluppato dal Club di Roma a suo tempo.
Il ricorso a qualcosa di simile alla cosidetta “problematica”, che riuniva in un unico disegno alcuni temi fondamentali per capire l’evoluzione complessiva del sistema economia-ecologia, sarebbe utile per capire fino in fondo quali siano i confini della riconversione verde, a quale modello di società corrispondono e quali cambiamenti degli stili di vita dobbiamo aspettarci. Insomma per dare risposta piena alle domande di partenza del libro.

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Giovanni Pancani

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