Dì la verità, hai pensato: “guarda che sporco razzista, adesso lo segnalo! Un click e chiuderà la bocca questo bastardo!”. Se lo hai pensato fai attenzione, ti hanno fatto un brutto scherzo: ti hanno convinto che chiudere la bocca alla gente con un click sia una buona idea. E che si possa decidere da un titolo se una persona abbia diritto o meno di continuare ad esprimersi. Non sono razzista. Tutt’altro. Ma pensaci: se anche lo fossi… meriterei che tu mi chiudessi la bocca? O forse ci sono valori più alti in gioco che qualche parola fuori posto?
Parole forti. Attenzione. Negli anni ’80 e ’90 in Italia c’erano i negri, i neri sono arrivati dopo. I negri si chiamavano negri anche fra di loro, non c’era il politically correct. I froci erano froci e i negri erano negri. Però, linguaggio a parte, c’era molta più integrazione di adesso. La società era molto meno spaventosa di adesso. Adesso quando vedi una persona diversa non sai mai cosa dirgli. Non sai come chiamarlo, cosa puoi dirgli, che discorsi puoi fare con lui, non sai cosa potrai dire ai tuoi amici o ai sui amici di lui senza rischiare di perdere la faccia, senza rischiare di essere ghettizzato. Perché oggi il razzismo vero, la discriminazione vera, è quella contro chi discrimina. E – detto così – potrebbe essere anche un bene. Ma non lo è. Di fatto vuol dire che tutti devono stare molto attenti a come parlano: un passo falso, e sarai bollato. Nessuno è più al sicuro: non importa il tuo orientamento sessuale, il colore della tua pelle, la tua religione. Niente importa. Oggi tutti discriminano tutti. Basta dire una parola sbagliata e sei nel mucchio dei discriminati. Si vive sul filo, bisogna stare attenti. Molto attenti. Tutti.
Anche il reato d’opinione adesso inizia a bussare alla porta, e da dove viene? Da dove non ce lo saremmo mai aspettato: come ingigantimento della legge contro l’apologia di fascismo. Anche io, che mi sono fatto i miei buoni anni di militanza in Rifondazione Comunista, che vengo da una famiglia rossa da tre generazioni, che ho un nonno che ha dedicato la vita a studiare il fenomeno del nazismo perché non si ripetesse, che ho la maglietta del Che e quella del commercio equo e solidale, anche io, in fede e ragionevolezza, ho molta paura di questa legge perché la domanda è: chi deciderà cosa è fascista e cosa non lo è? La paura, anzi la certezza, è questa: diventerà una scusa per chiudere la bocca a chi la pensa diversamente dal potere costituito. Diventerà un bavaglio che si può mettere a chiunque con qualsiasi scusa.
Ma già si comincia, in realtà: da tempo Facebook banna persone in modo del tutto indiscriminato per supposte “violazioni del regolamento” inappellabili. Cioè: il regolamento c’è, ma non gliene frega niente a nessuno se lo rispetti o no. È solo una scusa per chiudere la bocca a chi non sta simpatico a Facebook. L’ultima che mi è capitata è stata la più buffa: sono stato bannato per un mese SENZA che mi si dicesse perché. Facebook ha ormai il potere di mettere a tacere le persone a suo gusto, e lo esercita senza alcun limite ragionevole o tanto meno democratico.
La cosa buffa è che adesso stai pensando “se lo hanno bannato se lo sarà meritato, com’è che a me non capita? Ora scrive tutto questo articolone solo per dire che non è giusto ma in realtà è giusto eccome e lui dovrebbe solo stare zitto e ripensare ai suoi errori!”. Proprio questo è il potere dei social: far sembrare colpevoli coloro che vengono colpiti ingiustamente. Perché in effetti se si legge il regolamento interno di FB sono tutte norme più che ragionevoli. Ma, come accade al Dottor Zero nel racconto di Stefano Benni, un bel giorno ti ritrovi fuori dai tuoi account e ti scopri finito. Quasi tutti hanno letto alcune parole di Martin Niemöller anche se la loro versione più nota è quella parafrasata di Brecht. Tutti le hanno lette ma anche scordate. Rileggiamole un attimo. Aiutano molto a capire come la censura stia riuscendo a chiudere la bocca a tutti con il permesso di tutti:
Quando i nazisti presero i comunisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero comunista./ Quando rinchiusero i socialdemocratici/ io non dissi nulla/ perché non ero socialdemocratico./ Quando presero i sindacalisti,/ io non dissi nulla/ perché non ero sindacalista./ Poi presero gli ebrei,/ e io non dissi nulla/ perché non ero ebreo./ Poi vennero a prendere me./ E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.
Più nota e altrettanto bella la versione di Bertold Brecht:
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Oggi potremmo scrivere
Prima di tutto misero a tacere gli haters
e fui contento, perché dicevano cose brutte
Poi misero a tacere i razzisti
e fui contento perché io sono per l’uguaglianza
Poi misero a tacere i sessisti
e fui contento perché io sono per i diritti
Poi misero a tacere i bufalari
e fui contento, perché diffondevano notizie false
Poi vennero a prendere chi aveva opinioni scomode
e io non dissi niente perché volevo solo farmi la mia vita
Un giorno misero a tacere me, vai a sapere cosa avevo fatto o detto
e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Senza considerare che ogni cosa proibita tende a moltiplicarsi quindi rendere proibito lo hating, il razzismo ecc. su Facebook vuol dire che il deep web se ne riempie e i ragazzini avranno sempre più voglia di abbracciare quegli ideali e quei comportamenti proprio perché gli vengono proibiti quindi tra qualche anno la bottiglia tappata esploderà e saranno cazzi di chi si troverà in zona.
Ma facciamo un passo indietro: ve li ricordate i negri? Quelli che si vestivano coi vestiti africani e portavano una cultura fantastica? Quelli da cui potevi imparare tante cose che non sapevi? Quelli con le case multicolori, coi tamburi? Oggi no, ci sono i neri. Sembrano tutti brutte copie di Bello Figo Gu, scimmiottano la nostra cultura e rifiutano la loro.
Ve li ricordate i froci? Erano figure poetiche, grandi artisti come Paolo Poli, figure mitologiche nei paesi di campagna. Oggi no. Ci sono i gay. I gay sono hipster, tutti diversi nello stesso modo, omologati nella loro uniforme fatta di tatuaggi e caffè a starbucks, lavorano nelle multinazionali e sono impiegati efficienti.
Ora forse stai pensando “sei un razzista e un sessista, un criptofascista!”. No. Lo so che prima era più difficile da certi punti di vista. Lo so che non era tutto rose e fiori, soprattutto per le persone di colore o per chi aveva gusti sessuali differenti. Però quello che voglio farti vedere è che oggi, non è più facile per loro. Vivono una vita in cui possono essere discriminati da un momento all’altro, in cui sanno che nessun gli dice in faccia quello che pensa per paura del politically correct, ma non stanno meglio.
Quello che vorrei riuscire a farti vedere, o almeno intravedere, è che il potere centrale non ha fatto vincere nessuna battaglia per la parità e l’integrazione a nessuno. Al contrario: ora non c’è più nessuno ad essere integrato. Siamo tutti atomizzati, ognuno nel suo mondo, terrorizzato dal possibile e pericolosissimo contatto con l’altro che potrebbe discriminarti, disprezzarti, magari anche denunciarti.
I social che dovevano permetterci di dire tutto non ci permettono di dire più niente. Siamo liberi solo di mandarci faccine e postare resoconti delle partite, appena usciamo dal nostro piccolo recinto scatta subito una prigione fatta di blocca account e polizia postale.
Quello che voglio dirti è che siamo tutti meno liberi sul web, che come dice Caparezza, il web non è il Che Guevara anche se finge di esserlo. Quello che voglio dirti è che non dobbiamo castrare le parole. Viva i negri e viva i froci cazzo! È proprio riconoscendoli per quello che sono veramente, chiamandoli col loro nome che posso provare veramente affetto per loro! Le parole mancate uccidono ogni possibilità di affetto! Ogni strada per migliorare il mondo passa dal chiamare le cose con il loro nome diceva Confucio!
E se la rete non lo capisce spengiamola e torniamo nelle piazze. Io intanto ho un giornale cartaceo nelle scuole di tutta Firenze da 4 anni. Volete venire a darci una mano a distribuirlo? Volete farvi il vostro? Volantini dati a mano? Attacchinaggio nelle università?
La nuova parola d’ordine sarà: viva la carta e la libertà!
Dedicato a Ermes Maiolica, bufalaro con la testa e con il cuore e a Daniele Di Luciano che per primo con i suoi video mi ha fatto capire che dovevo studiare di più per capire il mondo. Molto di più.