HIKIKOMORI

Loro si chiudono in casa, disegnano, leggono fumetti, sperimentano videogiochi, ma soprattutto navigano su internet: sono “gli Hikikomori”.Dal giapponese “isolarsi”(引きこもり), Hikikomori indica un fenomeno che in Giappone si è diffuso a macchia d’olio raggiungendo il numero strabiliante di circa trecentomila casi.In Italia sono già centomila i ragazzi tra i 12 e i 25 anni che decidono di intraprendere questo stile di vita, in cui, rintanati nella propria camera, interrompono ogni legame con il mondo esterno ed evitano ogni contatto con la società.

Secondo FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurgi e degli Odontoiatri) questi ragazzi tendono a distaccarsi dal mondo reale per chiudersi in uno virtuale che causa una completa chiusura verso la socializzazione, fondamentale soprattutto nel periodo adolescenziale di un individuo.È un isolamento vero e proprio non per forza dettato da sindromi mentali come l’autismo, ma da una dipendenza che, nello stesso criterio di quelle da droga e alcol, rende incapaci di condurre una vita normale.

Gli adolescenti affetti da Hikikomori stanno per circa 10/12 ore al giorno connessi al “pianeta internet” non partecipando alla vita comunitaria, scolastica o familiare. Scelgono di allontanarsi, di emarginarsi, di fuggire. Perché? La ragione principale sicuramente è la pressione sociale in tutte le sue sfaccettature, come l’esasperazione dell’apparenza e dell’immagine, divenuta troppo importante, o le difficoltà nell’integrarsi nel modo scolastico-lavorativo, concentrato esageratamente sulla competizione, oppure i problemi politici ed economici che influenzano molto la psicologia della popolazione attraverso la tensione e l’insistenza. Questi sono sicuramente i motivi essenziali dell’ isolamento, ma è altrettanto certa la potenza di internet che per la maggior parte dei casi favorisce questo tipo di evento. I giovani di oggi si sono ritrovati in una generazione che ha nettamente dimenticato quali sono i valori della vita reale, costituita da emozioni e sensazioni che un computer non può certamente provocare.

È davvero spropositato l’uso che si fa di intranet e i legami reali vengono sempre più spesso sostituiti da quelli virtuali. Questo mondo del web facilita la ricerca della solitudine e dell’emarginazione caratteristica della sindrome di Hikikomori. Questo eccesso è nettamente deleterio e si può riassumere in una sorta di limitazione dei cinque sensi: infatti l’abuso della realtà virtuale, di questi tempi, tende ad alienare l’individuo, ad allontanarlo dalle sue esperienze sensoriali. Ma prendere coscienza del proprio corpo e delle proprie percezioni fisiche è fondamentale per lo sviluppo psicofisico degli esseri umani. Poter toccare la persona con la quale si sta parlando credo che in una conversazione influisca almeno del 30% (a cazzotto), per non parlare dell’importanza della vista e dell’udito che continuamente sostituiamo con funzioni super innovative. Insomma è triste pensare ad una società sommersa dalla tecnologia che porta le persone a scansare la concretezza e l’essenza della vita. Ed è per questo che io, pur ritenendo utile e comodo l’utilizzo di internet, appoggerei un’eventuale idea di rivoluzione che riporterebbe la stabilità ma soprattutto la serenità in ogni singolo individuo.Inoltre tale isolamento e segregazione al web può sfociare in circostanze molto pericolose che, in seguito ad eventi di bullismo e quindi violenza sia psicologica che fisica, possono condurre i giovani ad atti folli e caratterizzati da irragionevolezza, dannosi a tal punto da essere in grado di condurre al suicidio.

Questo fenomeno è perfettamente rappresentato nel film ‘Sala Samobojców ‘ (Suicide room), che racconta di un ragazzo, Dominik, figlio di una famiglia benestante, il quale deve affrontare il problema della sua identità sessuale, scoperta durante una festa, nella quale si rende conto di essere attratto da un suo amico. Questa rivelazione sconvolge completamente la sua vita e quando il bacio fra i due viene filmato e messo sul web, non sapendo come affrontare la vicenda, decide di ritirarsi dall’ambiente scolastico ed entra nella cosiddetta “Suicide room”, una comunità virtuale dove si ritrovano ragazzi come lui. Comincia allora per Dominik un viaggio in questo mondo irreale che lo conduce ad una destinazione quasi fatale. Casi come quello di Dominik nel ventunesimo secolo ormai si sono grandemente sviluppati, anche nella penisola Italica, e il rischio di esserne vittima si è molto elevato, perciò ritengo fondamentale combattere questa verità che contribuisce al degrado delle nostre generazioni.

Smettiamo di attaccarci a questi smartphone, tablet o computer. Interrompiamo qualsiasi tipo di dipendenza da internet o dal cellulare. Ristabiliamo ciò che è importante, ciò che è di valore. Cominciamo a cercare di ritrovare i contatti con le persone e utilizzare le nostre capacità di relazione per condividere e confrontarci. Iniziamo a separare il mondo virtuale, fatto di rapporti inesistenti, sebbene utili, da quello reale, caratterizzato da sensazioni e attimi concreti, fisici, sinceri che sono stati e devono essere alla base dell’umanità. E infine viviamo, ma facciamolo veramente, poiché è l’unica cosa che ci rimane davvero.

Matilde Sophia Poli

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