LA TENTAZIONE DEL DEMONIO

Il signore col bastone entrò nella vasta sala. Il demonio lo attendeva.

– Si accomodi, professor Salvadori – disse – faccia come se fosse a casa sua. Anzi, visto che è stato in vita un miscredente forse è davvero a casa sua.
– Non so, non credo molto in questi dualismi netti. Di fatto mi hanno dislocato più in alto, e non posso negare di apprezzare. Almeno per il clima, se non altro: io detesto il caldo.
– Beh, non piace neppure a me, ma col tempo ci si abitua.
– Son proprio curioso, lo confesso. Lei quindi è proprio come viene descritto?
– Direi proprio di no. Vede bene anche lei: niente corna, pelle rossa, coda, niente ammennicoli. Anzi, ho le ali come un angelo, come vede. D’altra parte: è questo che sono. Tutti poi lo scordano ma insomma…
– Non mi riferivo all’aspetto estetico, piuttosto alla sua storia, alle sue scelte, al suo modo di vivere.
– Beh, questa non è una domanda, ma molte. Si sieda sulla poltrona, non faccia complimenti. Cognac? So che in vita…
– Ormai non più.
– Ma che le può fare un bicchierino da morto? È un’annata fantastica questa, sa? Invecchiato bene…
– Almeno su questo mi pare che il volgo c’azzecchi: lei è un vero tentatore.
– … è un sì?
– Solo un’osservazione.
– Ci ho provato.
– Non la biasimo.
– Non mi biasima? – il demonio ebbe un sorriso dai denti aguzzi.
– No. Ho sempre avuto una scarsa passione per il biasimo. Semmai compatisco le sue scelte. L’han portata ben in basso, come si suol dire.
– Ma qui si sbaglia professore: voi umani avete il libero arbitrio, noi angeli a stento sappiamo che sia. Si riferisce al mio tentativo di scalare il potere, di arrivare a Lui? Mi cade così sulla propaganda professore? Mi stupisco di lei!
– Propaganda?
– Ma certo! Io e Lui siamo sempre stati d’accordo fin dall’inizio. Ma serviva una scusa per condannarmi e quindi abbiamo inscenato quella cosa della caduta.
– E a che pro?
– Sono o non sono Lucifero, il portatore della luce, il Suo preferito?
– No so dire, mi dica lei: lo è?
– Certo che lo sono! Ora pensi: un mondo perfetto, in cui non esiste il male. Le piacerebbe?
– Direi di sì, ma ci dovrei riflettere.
– E quando ci avesse ben riflettuto si ricorderebbe di Orwell, di Huxley e di tutti i racconti distopici che ha letto e ne dedurrebbe facilmente che il bene obbligatorio si chiama male. Anzi: È il male. Per creare il bene, dovevamo creare il male. Rendere possibile l’errore era l’unica via per rendere possibile il giusto. Grazie a me non uccidere è un bene, perché si può uccidere! Solo grazie a me è un bene non drogarsi, amare i genitori, essere fedeli alla propria sposa, non stuprare, non torturare e fare scempio dei cadaveri! Tutto questo è bene solo perché gli uomini possono fare il contrario! Come farebbe lei a riconoscere un amico là dove tutti si amasssero di modo inevitabile? E tanto più io sono bravo a tentare, sedurre, traviare ed ingannare, tanto più è difficile resistermi, tanto più il bene può essere lucente, splendente, abbagliate talvolta perfino! Ecco perché Lucifero è il re degli inferi, perché è solo da quando è nato il buio che è nata la luce. Se io non fossi stato Satana, il nemico, non ci sarebbe stato nessun amico.
– Se la vediamo così allora il suo compito è il più nobile ed ingrato. Torno a dispiacermi per lei.
– Ma non deve. Non c’è mai stata una scelta dura o difficile da fare: Lui ha fatto l’unica cosa possibile, ed altrettanto dicasi di me. Non sono un eroe, non sono un malvagio. Sono solo quel che sono. Come Lui. Come tutti. Tranne voi umani. Voi soli potete credere o non credere, fare o non fare, sfuggire ad obbligo e necessità. Ringraziare o dispiacersi non serve.
– Mi vuol dire che le piace la sua posizione?
– Questo non saprei dirlo. C’è la solitudine, la lontananza da Lui. E poi c’è la maledetta tentazione, ineliminabile, sempre così forte…
– Tentazione? Cosa può mai tentare il Tentatore?
– Il bene, professore, il bene. Sono pur sempre un angelo. È così difficile resistere di giorno in giorno alla tentazione di fare almeno un po’ di bene. Razionalizzo. Ricordo. Spiego a me stesso chi sono, cosa devo fare e perché lo devo fare. Ma talvolta… talvolta… quando sono sulla terra a possedere qualcuno, a strisciare tra le genti per fomentare le guerre, a chiudere gli occhi di un carnefice davanti alla sofferenza della vittima… ogni dolorosa volta… c’è un gattino. Oppure un’altra sciocca cosa armata di tenerezza, una quisquilia… ed è così difficile restare crudele. Ho sempre paura che mi tremi la mano. Foss’anche di un’ette.
– Allora c’è un libero arbitrio anche per lei infondo.
– No. Non c’è. Non posso che essere quel che sono. Non posso che fare quel che faccio. Ma quel che faccio deriva da quel che sono, e quel che sono è pur sempre il più docile e mite dei Suoi angeli. Per questo io e solo io potevo accettare e sostenere questo compito, ma per la stessa ragione questo compito non potrebbe far più male a nessun altro che a me.
– Vede che avevo le mie buone ragioni a dispiacermi per lei? Non sono onniscente, ma sono sempre stato sensibile. E si vede che non è felice.
– Sono felice quando penso al perché professore… ma chi potrebbe mai essere felice pensando al come?
– Adesso debbo andare sfortunatamente. Magari ci rivedremo, non posso negare che lei sia una persona interessante.
– Interessante? Il più interessante. E anche il più bello, il più attraente, il più simpatico di norma anche se questa breve conversazione non ha lasciato molto spazio a frizzi e lazzi. Questo è il gioco: io devo sempre sembrare migliore in tutto. La forma è il mio regno, il Suo è la sostanza. L’estetica è il mio habitat, l’etica il Suo. La gloria, la fama, l’eccitazione, il brivido, tutto è mio! Tranne l’equilibrata pace interiore. Detto in parole povere: è tutto mio, tranne ciò che conta. Torni quando vuole. Abbiamo molto cognac. Sicuro che non vuole neppure bagnarsi le labbra? Non è peccato…
– Non mi sono mai curato dei peccati, non è questo, ma detesto la schiavitù spirituale. Amo essere padrone di me. Per questo non bevo.
– Quel che lei ha appena detto, in fondo, sa? Quello è, da solo, il segreto di ogni virtù: essere padroni di sé, ed aver compassione per gli altri – sì, certo, anche. Se lei come dice è sia sensibile che padrone di se stesso, io non posso nulla per trattenerla, la sua casa è lassù.
– Forse mi fraintende. Io detesto la luce forte. Adoro passeggiare da queste parti. Soprattutto perché qui ci sono persone che hanno bisogno di me, mentre lassù non servo a nessuno. A che serve star fra chi ha tutto?
– Che fa, viene qui a portarmi via i clienti professore? Non me li aiuti troppo! Scherzo. Faccia del suo meglio. Non potrò mai tornare su, ma quando quaggiù sarò solo sarò molto più felice. E poi beh… a chi piace vincere facile?
– A nessuno credo. Ama gli scacchi?
– Ne sono campione!
– Anch’io. Ci rivedremo magari per una partita.
– Oh ma stiamo già giocando… arrivederci.

Senza capire come fosse potuto accadere, l’uomo col bastone si accorse che intorno a lui era tutta luce. Secondo sua moglie non si era mai mosso dal paradiso.

Guido G. Gattai

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