Consumismo – Fase Satanica

La prima cosa che stai pensando, iniziando a leggere questo articolo, è che – probabilmente – stai per leggere l’opinione di un pazzo. Perché solo i pazzi parlano di satana oggi. I “sani” non possono – e non devono! – neppure accennare a lui se non con un malcelato sorrisetto di palese scherno verso chi ci crede. E hai ragione. O, almeno: siamo in due a pensarlo, la vedo proprio come te. Il buffone rosso-nero con lo zoccolo caprino è una buffa creatura sulla quale è poco interessante avere conversazioni, figuriamoci scrivere articoli. Però, però… quantomeno esiste il diavolo, ovvero – dal greco diaballo “dividere” – quella tendenza umana a dividersi e combattersi. Ed esiste, me lo concederai, anche satana, ovvero – dall’ebraico shatan “il nemico” – quella tendenza che abbiamo noi esseri umani a far cose stupide che fan del male ovvero ad essere, brevemente detto, i nostri stessi nemici.

Oggi siamo nel consumismo. Dal 1953 secondo alcuni, secondo altri a partire agli anni ’70, c’è chi addirittura data la nascita del consumismo nel ’99 ma di certo almeno dagli anni ’00. Ma nessuno dice che siamo al tempo del consumismo. Chi lo fa sparisce. Come si fa sparire un intellettuale? O con l’omicidio (Pierpaolo Pasolini), o con il “suicidio” (i casi si precano, forse è il metodo più comune), o con lo “sfortunato incidente” (Rino Gaetano) o talvolta addirittura con la fama stessa: pensiamo a Paolo Villaggio o Giorgio Gaber, di cui la maggior parte conosce solo le opere meno impegnate, quelle in cui il contenuto era meno denso o almeno quelle che il popolo poteva fraintendere, non capire. Se rendono famosi i tuoi rutti difficilmente qualcuno ascolterà le tue parole…

Sì, perché se si riguardano i vecchi video delle interviste tra gli anni ’50 e ’70 tutti gli intellettuali parlavano disinvoltamente di consumismo e lo condannavano con più o meno forza ma – quantomeno – mettevano il problema sul tavolo, allo scoperto. Oggi non più. Prima abbiamo smesso di parlare di politica e società quasi del tutto (anni ’80 e ’90) e quando abbiamo ricominciato… PUF! Eravamo tornati al capitalismo. E non facendo un passo indietro di cui si parla, si tratta, si racconta, no! Pareva che il consumismo non fosse mai esistito. Cosa è successo?

Sto leggendo (con fatica e disgusto) un libro che purtroppo ha moltissima influenza sui nostri giorni, tanto da essere stato stampato in America in più copie della Bibbia stessa. Si tratta del libro di Anton Szandor LaVey chiamato “La bibbia satanica”. La questione centrale riguardo a questo libro non è tanto se esista o meno un omino con la pelle rossa e la coda a cavatappi, ma quanti coglioni credano al suo contenuto e seguano i suoi precetti. Purtroppo sono molti. Peggio: siamo quasi tutti ad oggi. E la ragione non è che la gente legge questo libro e poi ci crede. Chi lo legge penso lo legga per ridere, o per criticarlo, come me. Il problema di questo libro non è cosa insegna, ma cosa descrive: descrive chi siamo diventati oggi.

Il prete cristiano, si sa, è un rompiscatole. Perché fa proseliti, viene a casa tua, magari lo becchi anche alla fermata del tram, e lui [[ZAC!]] attacca a parlare di cristi e madonne. Perché? Perché il prete in questione crede (o almeno dovrebbe credere) nei principi di luce ed onore cioè la sua fede deve essere ben visibile (luce) e onorevole (buona, giusta). Il satanista fa esattamente l’opposto. Non ti viene a dire che crede in cose belle, anzi non ti viene a dire proprio niente. Crede nel buio e nella perversione. Quindi sostiene il male e il male, si sa, si fa in segreto. Il satanista diffonde notizie false, false convinzioni, sparla, diffama, e – SOPRATTUTTO! – non fa mai sapere a nessuno cosa sta facendo. Perché, come sosteneva Socrate, chi conosce il bene fa il bene. Solo chi non conosce il bene può fare il male.

Infatti LaVay dice che il buon satanista:

“rimarrà con fierezza nei suoi segreti covi sulla terra, manipolando le folli masse indaffarate attraverso la sua Satanica forza, fino al giorno che potrà uscire allo scoperto e proclamare nello splendore: “IO SONO UN SATANISTA!”

Possiamo immaginare da questo passaggio (e da molti altri che non cito per brevità) che – neonato – il consumismo sia stato subito scoperto dagli intellettuali più arguti. Questi sono stati poi messi a tacere dalla crescente forza del sistema consumistico (o meglio: dai singoli interessi degli uomini di potere in esso coinvolti). Ora, nessuno può neppure menzionarlo. Quando arriveremo alla fase finale potremo di nuovo dire questa parola. Ma ci sarà concesso solo quando sarà troppo tardi. Perciò buone notizie: se non si può dire significa che dirlo può cambiare qualcosa!

Il consumismo non deve essere neppure detto.

Perché è un sistema satanico. Non di nome. Ma di fatto.

Voglio dire con questo che esiste un complotto? Sì e no. Noi stessi stiamo complottando contro noi stessi. Ci sono pochi, pochissimi imbecilli che davvero prendono i principi satanici alla lettera. Ma, si sa, bastano poche mele marce per farne marcire un cesto. Si possono pensare due cose: o che ci sia un piccolo gruppo di satanisti che sta riuscendo a convincere la maggioranza a “cedere a satana” tramite un complotto mondiale ben riuscito oppure – più semplicemente – che noi esseri umani, per pigrizia e paura, ci stiamo scavando la fossa da soli, diventando quei rifiuti umani che LaVey ci consiglia di essere. Non tanto per suo consiglio, ma per sua previsione tristemente azzeccata.

Perché non si può usare la parola “consumismo”? Perché il suo stesso nome incute paura, e fa capire che non funziona, che è sbagliato, malato, letale. Non è un sistema ingiusto come potevano essere quelli del ‘900, ma un sistema che ci porta inevitabilmente al collasso passando per una deriva totalitaria dettata dalla tecnologia: più cresce la tecnologia e più lavoro si può affidare a dei robot, che di sicuro non sciopereranno. Ma questo sarebbe niente, il problema più grave è quello già citato: il consumismo non è ingiusto, ma letale. Non mira a distinzioni tra classi, caste, maggiore o minore benessere. No. Mira all’estinzione di massa. E il problema è che questo lo si capisce già solo ascoltando la parola “consumismo”.

Cofucio una volta disse che se avesse potutto fare una sola cosa per salvare la Cina nei millenni a venire avrebbe chiarito il significato di ogni singola parola. Perché è solo con la comprensione che si possono affronatare e sconfiggere i problemi.

Ad ogni modo ora lo sai: siamo nel consumismo. Dillo.

Non abbatterti, abbattilo.

PS: dedico questo articolo al mio amico fraterno Matteo Innocenti, visto che nasce da una nostra fruttuosa conversazione. D'altra parte si sa: i peggiori nemici del consumismo sono il dialogo e i legami umani.

Guido G. Gattai

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