LA CONSAPEVOLEZZA CULTURALE

Abbiamo parlato a più riprese di come fare un mondo migliore, di come si possa usare un’azione “da dentro” per riparare un sistema dominante che ci porta verso l’estinzione di massa, oppure “da fuori” per cercare di creare un sistema parallelo che possa servire da seme e da esempio per creare un sistema diverso nel momento della crisi e della caduta (della radicale metamorfosi, se vogliamo essere molto ottimisti) inevitabile del sistema vigente.
Ma parliamo adesso di una cosa indispensabile per creare un sistema sano, o come si suol dire poeticamente, una cosa indispensabile per creare un “mondo migliore”: la consapevolezza culturale.
Per capire cosa sia la consapevolezza culturale devo raccontarvi una storia.
Riguarda una delle grandi lezioni che ho ricevuto nella vita. Ero in Polonia, a Dobroszyce, il villaggio natale della donna che pensavo di sposare (non è finita così, ma questa è un’altra storia). Avevo in mano una cartina di plastica di una caramella. Chiesi dove potessi gettarla, sicuro che i contadini polacchi non facessero la raccolta differenziata come noi saggi e sapienti ecologisti di città. La madre della mia futura non-moglie mi rispose che non ne aveva idea. E allora scoprii una cosa incredibile: i villaggi della Polonia rurale erano avanti anni luce rispetto al nostro stupido ecologismo del riciclo. Avanti perché non si erano mai ubriacati di consumismo, quindi in realtà né avanti né indietro: non si erano mai mossi da una struttura economica sana. Avevano quella che oggi sia chiama “ecologia circolare”, non buttavano via niente. Mai. Riusavano, riparavano, scambiavano, non conoscevano gli involucri. Non avevano la raccolta differenziata, no, ma neppure i cestini. Non conoscevano il concetto consumista di “rifiuto”.
Ma questa storia non finisce bene, la donna che dovevo sposare non diventa mia moglie e va a lavorare per Unilever, una delle più mostruose multinazionali del pianeta, diventandone un pericoloso quadro dirigente ai piani altissimi. Perché? Veniva da una famiglia che non conosceva neppure il consumismo, che la aveva amata e coccolata, senza tensioni, che l’aveva cresciuta in un simpatico villaggio di campagna… Aveva ricevuto tutti i valori giusti possibili, come era potuto succedere?
Ecco cos’è la consapevolezza culturale: la mia non-moglie era stata cresciuta in un mondo “giusto” ma che non le aveva spiegato perché fosse giusto comportarsi in quel modo. Tutto era fatto correttamente, ma non veniva spiegato, si erano curati solo di tramandarle ciò che era giusto fare solo con il buon esempio. Purtroppo, pare che non basti. Infatti quando è arrivato il consumismo delle metropoli polacche, la mia non-moglie è stata travolta da una valanga di cose nuove che si proponevano come “giuste” e alle spalle aveva delle tradizioni sane che “non controbattevano”, non “presentavano le proprie ragioni”, non “si difendevano”. Succede a molte persone che si spostano dalle campagne sane dei paesi dell’est alle città, che sono consumiste come e più delle nostre.
Questo è terribile ma da ogni cosa terribile, l’unica piccola consolazione è che possiamo imparare una grande lezione.
La lezione, in questo caso, è una delle più importanti.
Nel costruire un sistema diverso, un “mondo migliore”, sarà bene che guardiamo anche e soprattutto a questo: non dobbiamo solo fare e insegnare ciò che è giusto ma anche spiegare bene perché è giusto, dobbiamo avere fiabe anticonsumistiche per i bambini, serie TV anticonsumistiche su amici che invece di fare carriera a New York vogliono salvare il mondo e coltivare l’orto, film su supereroi che non salvano il vecchio ricco dal povero criminale, ma l’ambiente dal predatore economico. E via e via e via…
Altrimenti non c’è consapevolezza culturale, e una società sana senza consapevolezza culturale è come un uomo sano senza armatura: va tutto bene finché non va in guerra o finché, in guerra, non ci si ritrova anche solo per caso e contro la sua volontà. Ed oggi siamo in guerra eccome, volenti o nolenti. E il consumismo lancia dardi infuocati, ci vuole un’armatura MOLTO spessa e ben fatta per difendersi.

Guido G. Gattai

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