Sei bambini seguiti da vicino per sette anni, un coinvolgimento pieno delle rispettive famiglie e la possibilità di articolare percorsi di studio particolarissimi. I casi di bambini dotati di talenti eccezionali studiati dai due autori sono tutti assolutamente sorprendenti, alcuni sbalorditivi: le pagine di presentazione dedicate ad un breve profilo dei sei casi sono incredibili e meritano certamente una lettura da parte di chiunque sia anche soltanto lontanamente interessato a capire in cosa consista lo sviluppo cognitivo attraverso casi esemplari.
Nel volume di Feldman-Goldsmith esempi molto esplicativi di come si sviluppi il talento precoce sono però sparse ovunque, con citazioni davvero illuminanti tratte dalle biografie di persone come Norbert Wiener, Yehudi Menuhin, Lorin Hollander ed altri. La prospettiva generale della coppia Feldman-Goldsmith (coppia anche nella vita, essendo Lynn Goldsmith collaboratrice e moglie di Feldman) è di tipo evoluzionistico: l’idea di fondo che muove gli autori è quella secondo la quale i bambini prodigio siano una sorta di asso nella manica della Natura in vista di una maggiore differenziazione cognitivo-comportamentale, la quale a sua volta produrrebbe una maggiore possibilità di adattamento e sopravvivenza alla specie.
Quest’idea, estremamente suggestiva, è legata al tentativo teorico di far luce su altri temi, come l’espressione del potenziale umano e l’importanza di una prospettiva di ampio respiro sullo sviluppo delle potenzialità. E’ inoltre legata ad una interessante teoria generale dell’intelligenza che è andata affermandosi negli ultimi decenni, ovverosia la teoria dell’intelligenza multipla, creata di Howard Gardner. Preceduta da un volume su Darwin, questo tipo di ricerca procede grazie a tentativi di definire la co-incidenza di fattori di sviluppo: questo è forse il nodo centrale ed il principale filo conduttore di tutto il libro. Alla co-incidenza infatti è dedicata tutta la seconda parte del volume, la più lunga ed articolata.
Naturalmente ogni forma di ricerca sui bambini prodigio che abbia un impianto evoluzionistico si trova di fronte ad un problema: la mancanza di uno studio ad ampio spettro sulla diffusione storica dei bambini prodigio e del loro impatto sociale: tutto quel che abbiamo sono, ovviamente, i casi celebri e la mole, peraltro incompleta, di realizzazioni che hanno lasciato in eredità al genere umano. Inoltre è banale riconoscere che laddove vi siano condizioni favorevoli (sviluppo economico, famiglie ricettive, scuole adatte) lo sviluppo di bambini prodigio è molto facilitato. Per ovviare almeno in parte a questa situazione gli autori hanno sviluppato con Howard Gardner il Progetto Spectrum rivolto alla valutazione precoce di circa una ventina di inclinazioni individuali fondamentali, dalla logica alle scienze, dal linguaggio alla recitazione.
L’aspettativa degli autori, correttamente, è quella di trovarsi di fronte ad un possibile emergere di molti talenti ignorati o non compresi, tutti da valorizzare attraverso l’offerta di percorsi didattici personalizzati, ricchi ed articolatissimi. Ovviamente un ruolo importantissimo lo hanno poi le famiglie, a cui è dedicato tutto il quinto capitolo. Intitolato significativamente Le famiglie: catalizzatori ed organizzatori della co-incidenza, questo capitolo illustra dei casi meravigliosamente chiari e descrittivamente ricchi; le famiglie McDaniel e Konantovich in particolare hanno sviluppato una vera e propria dedizione alla crescita intellettuale dei loro figli, raggiungendo risultati impressionanti, duraturi e davvero ammirevoli.
Il ruolo delle famiglie è davvero difficile da sopravvalutare e probabilmente insostituibile: nel volume tutte le famiglie coinvolte dall’osservazione di Feldman e Goldsmith hanno profuso un’immensa energia nell’offrire ai bambini un ampio ventaglio di stimoli. Un caso particolare è dato, in questo capitolo, dalla famiglia Lemke: le pagine che affrontano quanto avvenuto a Leslie Lemke sono impressionanti non soltanto per la mole dei problemi affrontati e per risultati musicali raggiunti da Lemke, ma anche per le implicazioni su un piano di riflessione generale a proposito della co-incidenza. Ciò che si ricava, brevemente, è l’idea che le forze della co-incidenza siano sempre in qualche modo sfruttabili e che addirittura il bambino prodigio sia forse, come afferma Mihalyi Csikszentmihalyi dell’Università di Chicago, quasi una sorta di “invenzione culturale” catalizzata dal ruolo delle famiglie. Questo punto è confermato indirettamente anche da varie osservazioni storiche che forniscono spunti precisi: in particolare i casi, celeberrimi, dei Bach e quello della famiglia Schneerson-Menuhin, il cui albero genealogico è stato per secoli particolarmente denso di bambini prodigio, anche a causa di un sistema educativo familiare molto intenso e particolare.
Chiude il volume un aggiornamento su qual è stato il punto di arrivo al termine del lungo periodo di osservazione. Quasi tutti i bambini osservati hanno cambiato completamente i loro interessi rispetto a quelli iniziali, ma tutti sono arrivati a risultati notevole spessore.
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