Di solito si pensa, semplicisticamente, che il potere centrale ami la guerra e il terrore. In realtà nessuna affermazione potrebbe essere più erronea: il potere centrale resta del tutto indifferente sia alla guerra che al terrore. Li usa come strumenti come utilizza, d’altro canto, ogni cosa. Ne più né meno. Per questo dico che quello che pensiamo ordinariamente è l’opposto di quel che è: il contrario dell’amore infatti è l’indifferenza, non l’odio.
Ovviamente il potere centrale usa ogni strumento attraverso la struttura gestionale del momento. Oggi la struttura gestionale è il consumismo.
Il terrore, o terrorismo che dir si voglia, è quel fenomeno per cui il popolo inizia a credere che la violenza, anche se non presente in queto momento, potrebbe irrompere violentemente nella vita da un momento all’altro. Non occorre che si tratti di attentati grandi o piccoli, il terrorismo si può avere anche soltanto se un pazzo riesce a diffondere notizie di probabili eventi catastrofici venturi. Il consumismo usa questo fenomeno come strumento, almeno in 2 modi
1) tenere sempre le coscienze ben sopite: chi ha paura perde il senso della profondità storia, non pianifica, non organizza, vive al momento, alla giornata ed è quindi molto più facile da gestire e controllare da parte di chi invece non ha i neuroni spappolati dalla paura ed ha quindi il tempo e la forza mentale di pianificare – e bene – quel che deve accadere domani, tra un mese e magari anche fra un anno;
2) stimolare i consumi: chi ha paura per il domani tende a vivere in mdo più estremo l’oggi, quindi si leva più voglie, fa tutto subito nella paura di non poterlo fare domani, oppure accumula scorte per domani comprando più di quel che gli serve realmente perché “non si sa mai cosa potrebbe accadere domani”, o – ancora più spesso – un misto tra i due.
L’utilizzo della guerra, invece, è usato in molti modi visto che il fenomeno della guerra è un fenomeno più vasto e complesso e quindi è, possiamo dire, uno strumento sociale più versatile. La guerra è – non c’è bisogno di dirlo – un conflitto armato tra due o più gruppi sociali. Dal consumismo viene così usata
1) usi precedenti: la guerra può benissimo servire a spaventare e creare senso di urgenza quando è lontanta oppure si teme che possa scoppiare a breve, come ad esempio oggi che viviamo nel timore che scoppi una III guerra mondiale:
2) spostare masse: se serve che una grande massa umana si sposti da un paese ad un altro per ammazzare i costi del lavoro niente di meglio che scatenare una bella guerra;
3) tenere basse le mire di un paese: se in un paese si sta iniziando a creare un modello di sviluppo diverso dal consumismo e si iniziano a goderne i frutti, niente di meglio che un attacco massiccio per togliere la voglia a chiunque di seguire questa strada “diversa” (a volte questo genere di problemi viene risolto anche col metodo delle crisi nazionali, ma sarebbe un altro argomento);
4) impadronirsi di risorse ad un prezzo più conveniente: questo utilizzo antico, già in voga nel comunismo e nel capitalismo, ma anche prima nel feudalesimo e probabilmente nella preistoria, non è mai scomparso e lo ritroviamo anche oggi nel consumismo;
5) sbarazzarsi del surplus produttivo: il consumismo è basato notoriamente sul ciclo continuo PRODUCI-CONSUMA-PRODUCI…. Questo fa sì che a volte, togliendo ogni briciola di tempo all’ozio, le strutture industriali producano più di quello che possono vendere. Se fossimo un sistema diverso a quel punto festeggerebbero e proclamerebbero una lunga vacanza, ma si sa che il tempo libero da la facoltà di pensare e pensare da la possibilità ai popoli di decidere se amano o meno la vita che stanno conducendo. Qualcuno potrebbe decidere che non gli piace. Peggio: masse intere potrebbero decidere che vogliono cambiare sistema sociale. Questo rischio non si può correre, è evidente. SI potrebbero aprire nuovi mercati, ma ormai la globalizzazione ha fatto sì che tutto sia già più che inglobato nel mercato. Quindi quando le industrie producono troppo l’unica via d’uscita è scaricare i prodotti in sopravanzo su di un paese in ricostruzione. Ma per ricostruirlo va prima chiaramente distrutto.
Per questo sorrido sempre un po’ quando penso a chi vorrebbe “rimediare alle guerre” come se le guerre fossero un punto nero lavabile su di un tavolo altrimenti bianco e perfetto. Chi partecipa al sistema consumista gli da forza e il sistema consumista è fatto anche dalle guerre e dal terrosimo. Pensare che possano andar via con qualche donazione o andando ad aiutare i bambini in Africa è come pensare di poter togliere le orecchi e a un cane lavandolo: non sono macchie, sono organi vitali.
L’unica maniera di smettere di avere guerra e terrorismo è uscire dal consumismo. Perché guerra e terrorismo non sono casuali disfonzioni del consumismo. Sono parti indispensabili della sua struttura. Esso non vive senza. Per avere un mondo in pace l’unica via è volere meno, non cedere ai lustrini del consumo.
La sobrietà è l’unica via.